Tabù milanese numero tre: l’ozio.

by Isabella


A Milano c’è sempre qualcosa da fare: corsi, concerti, iniziative, spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche, laboratori, mostre, festival. E anche i bambini non vengono risparmiati, infatti anche per loro ci sono sempre centinaia di iniziative culturali e sportive. Bello, sì bellissimo, ma a Milano non c’è mai tempo per un po’ di sano ozio. Per oziare davvero, non basta non fare nulla, ma è fondamentale farlo senza sensi di colpa. Con il senso di colpa non è ozio.

Per gli antichi romani il termine otium non significava “dolce far niente”, ma un tempo libero dagli impegni nel quale era possibile aprirsi alla dimensione creativa. E per i greci l’ozio, dal greco schole, “quiete”, “riposo”, “tempo libero” era “tempo per sé”. Ed era tempo attivo, finalizzato alla propria realizzazione più autentica. L’ozio cioè è un lavoro interiore, un’esplorazione delle nostre terre più intime, quelle che non abbiamo mai percorso perché siamo completamente assorbiti dai ritmi quotidiani e produttivi. “L’ozio è una vacanza dell’anima che si riposa lavorando su se stessa”. 

Quindi perché vergognarsi di oziare? Bisognerebbe vergognarsi di non saperlo fare.

Invece, nel tempo, l’ozio ha assunto un’accezione negativa diventando sinomimo di inattività, pigrizia, inerzia. I proverbi dicono “L’ozio è il padre di tutti i vizi” e “Il diavolo si serve degli oziosi” o ancora “Il male supremo dell’animo è l’oziare inoperoso”. Ma che sciocchezza! Che corbelleria! Che baggianata! Ok, mi fermo qui. Che bestialità! Mi è scappato. 

L’uomo moderno pensa che tutto deve essere fatto in vista di qualcos’altro e non come fine a se stesso. Ecco perché amo appassionatamente la vignetta dei Peanuts dove Lucy chiede a Schroeder che sta suonando Beethoven se un giorno sarà famoso e lui risponde che non è detto che lo diventerà e lei allora gli chiede “E allora perché suoni?” e lui risponde “Per il piacere di farlo”. Wow! Poesia. Filosofia.

Per i milanesi invece l’ozio è un tabù, perché la cultura milanese è la cultura del fare e dell’efficienza. “Siamo quello che facciamo” e quindi oziare è tempo sprecato perché improduttivo. E anche quando i milanesi credono di oziare spesso hanno semplicemente e nevroticamente ottimizzato il loro tempo libero. Ma i milanesi possono e devono rimediare perché l’amore per l’ozio in fondo è amore per se stessi! Certo c’è un’attenuante per i milanesi, ai quali io voglio bene, ed è la mancanza del paesaggio adatto. Perché non solo è più bello oziare davanti a spazi aperti, a colori che ti massaggiano tutti gli organi interni, e respirando a pieni polmoni gli odori della natura, ma è anche più facile. E Milano offre meno rispetto ad altri luoghi. 


Ma dal momento che non è possibile rinunciare all’ozio, propongo a ognuno di voi di trovare un personalissimo luogo adatto all’ozio e alla contemplazione, che può anche essere un angolo di casa vostra e di esercitarvi. Il mio luogo della contemplazione milanese ad esempio è osservare Agamennone, il mio gatto. I gatti sono maestri di vita, loro oziano, si occupano di se stessi, non cambiano la loro natura e non conoscono il senso di colpa. Una volta che avrete imparato ad oziare da soli, scoprite quanto può essere bello oziare anche in compagnia. Durante l’ozio i rapporti fanno dei salti di qualità! 

 

E infine propongo ai milanesi di ascoltare questa meravigliosa canzone di De Andrè (scritta insieme a Paolo Villaggio) almeno una volta al giorno finchè la parola “fannullone” non suoni più come un insulto ma uno stato mentale confortevole.

http://www.youtube.com/watch?v=dwr01fWUwiw