Alfabeti, insegnare italiano con il sorriso

Abito in zona 7 da sempre eppure fino a qualche anno fa c’erano aree del mio quartiere che cercavo di evitare: una fra queste era via Abbiati, un’orribile strada a senso unico che taglia il grande complesso di case popolari Aler Francesco Baracca di San Siro.

Non la percorrevo mai a piedi (veramente facevo in modo di non passarci neanche in macchina) perché è oggettivamente brutta, sporca, senza negozi o servizi di alcun tipo e mi incuteva paura. Perché puoi sentirti aperto a tutto, ma alla fine tutti siamo razzisti, in un modo o nell’altro. Poi un giorno cercavo una scuola di italiano per stranieri dove andare a fare la volontaria e ho scoperto che la più vicina era proprio lì… Mi è toccato andarci e così ho scoperto che in quel luogo dall’aria disgraziata una cosa bella c’era: questo grande ex-negozio, pieno di gente di tutti i colori. Immaginavo che fossero molti gli stranieri col desiderio di studiare la lingua, ma quello che ho trovato andava molto al di là di qualunque intuizione: classi di 20-30 persone e tanti insegnanti volontari, di ogni età e professione, senza posizioni ideologiche ma solo guidati da passione ed entusiasmo. Per un paio di anni ho insegnato lì una sera alla settimana, uno dei circa 70 volontari che si alternano nei vari corsi tra mattina e sera. Io ero preparata grazie a un diploma specifico dell’Università di Siena preso anni prima, ma molti altri volontari no: semplicemente, provavano a proporre modi, spesso molto creativi, per insegnare l’italiano anche a chi non sapeva dire nemmeno “ciao”. Ho capito subito che il modo migliore è iniziare con un sorriso e che la cosa più importante è trattare gli studenti come pari: perché non conoscere la tua lingua non può essere un pretesto per togliere dignità. Mi sono ricordata che anche io avevo un bisnonno emigrato in America all’inizio del Novecento, e che essere in un luogo lontano da casa senza capire come funzionano le cose deve essere difficilissimo.

Una scuola come Alfabeti si mantiene grazie a donazioni, 5 per mille e iniziative di raccolta fondi.
Quando ho capito che per quei locali scalcagnati c’erano da pagare ben 600 euro mensili richiesti dall’Aler ho iniziato a occuparmi di più anche di altre questioni dell’associazione. All’epoca le sedi della scuola erano due, a pochissimi passi l’una dall’altra, ma a un certo punto, nel 2014, abbiamo lasciato una delle due perché non riuscivamo più a pagare un doppio affitto. Abbiamo tenuto la sede più grande, trovando a fatica il modo di riorganizzare i turni di volontari e studenti ma la beffa dell’Aler è arrivata il mese successivo quando in quello stesso spazio da noi lasciato è arrivato Mapping San Siro, un utilissimo progetto del Politecnico al quale il locale è stato concesso a titolo gratuito… A noi chiedevano l’affitto…
Per due anni ho fatto la presidente: in quel periodo abbiamo ricevuto l’Ambrogino dal Sindaco Pisapia, e l’anno dopo la vice-Sindaco De Cesaris è venuta da noi per consegnare uno ad uno i diplomi di fine anno agli studenti. Tutti i volontari hanno continuato a inventarsi sempre nuove idee per insegnare meglio la lingua italiana. Abbiamo anche seguito un corso con una psicologa che ci ha messo davanti agli occhi le difficoltà psicologiche legate all’emigrazione… ricordandoci che quel sorriso che facciamo a lezione, quell’allegria che cerchiamo di mettere nelle lezioni e che proviamo a trasmettere ai volti stanchi degli studenti, quelle amicizie che vediamo nascere spontaneamente tra persone di nazionalità diversa proprio grazie alla lingua comune, l’italiano,
sono fondamentali per la vita di chi si è trovato a dover vivere lontano da casa.
Ora c’è un altro presidente, io sono tornata volontaria semplice ma la cosa più importante è continuare a fornire un servizio tanto importante: una scuola come Alfabeti, dove tutti gli insegnanti lavorano gratuitamente e gli studenti frequentano senza pagare nulla, è un valore per la nostra città. Da presidente avevo anche incontrato Beppe Sala durante la sua campagna elettorale: molto incoraggiante nei nostri confronti e allibito che Aler ci facesse pagare l’affitto…
Alfabeti non è l’unica, c’è addirittura una rete di realtà simili, la Rete Scuole Senza Permesso, e insieme si cerca di superare le difficoltà, che sono tante. Io mi sento fiera di far parte di questo universo e ogni volta che mi capita di incontrare ex-studenti e mi sento dire “ciao, maestra” mi commuovo, vedo che la voglia di vivere con dignità passa inevitabilmente dall’imparare la lingua e mi sento fiera di avere una piccola parte nel processo di crescita della mia città.

Sara Pupillo

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