Borderlight “Perché in centro lampioni ottocenteschi e a Lorenteggio fari da stadio stile carcerario?

In questi anni probabilmente vi sarete imbattuti nelle istallazioni luminose di Borderlight, nei luoghi più inaspettati di Milano: sui tetti, sugli alberi, sui muri, sulle teste delle persone. Si tratta del progetto del Collettivo Borderlight formato da Lorenzo Bruscaglioni, Emilia Castioni, Nicola Ciancio, Simona Da Pozzo, Cecilia Di Gaddo, Alice Grassi, Isabella Mara, che attraverso la luce trasforma la visione di un luogo. “Non ci interessa aggiungere luce, semmai andare anche ad affievolirla in alcuni luoghi.” Borderlight è un progetto Non Riservato, il laboratorio permanente per la socialità creativa negli spazi pubblici di Milano.

Borderlight è nato per illuminare le zone di confine che hanno bisogno di luce. Cosa significa portare la luce?

Borderlight non illumina ma trasforma attraverso la luce la visione di un luogo: è un atto trasformativo (simbolico, sensoriale, relazionale) e non funzionale all’arredo urbano. E’ un progetto artistico che tenta di attivare e sintetizzare un “ diversamente noi” attraverso un processo participativo. Con Borderlight rendiamo visibili lati inaspettati o trascurati dei luoghi e relazioni in cui interveniamo, inserendo una installazione luminosa come un glitch, un dettaglio che fluttua appena al di sopra del livello dell’attenzione del passante.

Borderlight, tranne che per il suo debutto in zona 1, è sempre stato presente nelle altre 8 zone della città. Come è stato accolto?

In ogni luogo il nostro intervento è stato modellato in base ai livelli d’interazione e di feedback attivati nella fase preparatoria, quella cioè di presentazione ai vari interlocutori (Municipi, biblioteche, associazioni…) prendendo di volta in volta dimensione, durata e approcci diversi. In zona 7 il nostro lavoro è stato particolarmente approfondito perché, grazie alla collaborazione con Mare Culturale Urbano, nostro complice Non Riservato, abbiamo avuto modo di attuare un beta test, seguito dalle Antropologhe Valentina Mutti e Sara Bramani dell’Università Bicocca, ed entrare in contatto con tantissime realtà e persone. In particolare sono stati determinanti gli incontri con i volontari di Alfabeti, una associazione di via Abbiati che si occupa dell’insegnamento dell’italiano per stranieri, che hanno mobilitato tantissimi abitanti nel progetto. Con loro abbiamo condiviso momenti molto belli tra cui laboratorio e passeggiata delle lanterne con cui abbiamo chiuso il nostro intervento in zona.

Abbiamo passato un pomeriggio con decine di persone a realizzare lanterne luminose utilizzando i pattern grafici di Cecilia, ispirati alle facciate del quartiere, con una compilation musicale di sotto fondo meravigliosa, gestita dai partecipanti, che spaziava dai ritmi caraibici a quelli magrebini. Quella stessa musica ci ha accompagnati lungo la passeggiata con le lanterne, due km sotto la pioggerella dicembrina che ha portato lo stoico gruppo attraverso le vie deserte di San Siro fino all’extrotto, appositamente accessibile per l’occasione.

Ma oltre a questo episodio finale, abbiamo avuto tanti momenti di scambio attraverso i laboratori realizzati in luoghi disparati, come quello di illuminotecnica tenuto da Lorenzo durante la festa del quartiere a Baggio, o quelli di “lightbook” tenuti da Isabella alla biblioteca Sicilia e al quartiere Figino, la cena Luminescente organizzata alla Cascina Case Nuove con l’associazione Vivere San Siro (conclusasi con un momento di fisarmonica e ballo dentro alla stessa cascina con le creste luminose in testa e gli abitanti affacciati ai balconi ad osservare la scena!) Senza parlare di  tutti i set fotografici di Simona per Luminescenze o degli gli incontri realizzati alla Cascina Torrette dove abbiamo avuto occasione di incontrare tutte le realtà sopra nominate!

Se in municipio 7 le azioni sono state numerose e disseminate, nell’8 sono state realizzate tutte nello stesso quartiere, Gallaratese, e concentrate tutte in un unica giornata proprio per coinvolgere gli abitanti nell’atto di installare l’opera luminosa e rendere  questo processo un momento condiviso. Qui abbiamo anche lasciato una seconda luce “mobile” che l’associazione Mitades ha potuto utilizzare durante l’autunno in esterno in occasioni speciali tra cui la festa di quartiere.

Qui è stato particolarmente straziante smontare l’installazione: i bambini che avevano contribuito a concepire e realizzare l’intervento, ci sono rimasti male al coglierci in flagrante mentre la toglievamo. Questo momento è diventato quasi una nuova tappa del lavoro: un nuovo momento per raccontare e mediare il processo del progetto con il luogo. Speriamo di poter portare qui l’installazione definitiva un giorno!

Quali installazioni sono diventate permanenti?

La prima opera a divenire permanente è proprio quella realizzata a Mare Culturale Urbano: è stata acquisita questa primavera e festeggeremo questa bella notizia a settembre con una festa! Questa installazione rimarrà come traccia del processo di ricerca ma non farà parte del Monumento Diffuso a cui stiamo lavorando: è un capitolo speciale.

Ora siamo infatti alle prese con lo studio di fattibilità per la realizzazione delle prime due installazioni di questa ambiziosa opera permanente che per il momento chiamiamo “monumento diffuso”. La nostra ricerca autunnale infatti era tesa a coinvolgere i cittadini nell’individuazione di otto luoghi significativi da connettere e trasformare con questa opera dedicata alla città . Per ogni municipio abbiamo selezionato i due luoghi più segnalati per lo studio di fattibilità e presto potremo rivelare i luoghi definitivi, almeno per quel che riguarda i municipi 2 e 4.

E’ sempre possibile per i cittadini segnalare in quale punto del loro quartiere vorrebbero vedere Borderlight? Come si fa?

Si! Al momento, e fino al 21 giugno, chiunque può segnalare uno o più luoghi ma solo per quel che riguarda il Municipio 4 dove la mappatura è ancora attiva. Per segnalare il luogo basta andare a questo link ed indicare nel modo più preciso possibile il posto. Aggiungere il motivo della propria segnalazione agevolerà molto la candidatura: stiamo cercando di capire le visioni, sogni e racconti dei li luoghi segnalati.

Come collettivo di artisti, designer e curatori, avete esplorato il buio inteso come spazio poetico o spazio urbano da esplorare. Le persone che abitano nei luoghi dove avete portato Borderlight come hanno accolto le installazioni?

Con affezione. Un momento molto significativo per noi è stato il 20 febbraio, quando siamo andati a smontare le installazioni. In ciascun luogo, l’azione dello smontare si è trasformato in un momento di scambio e feedback, come nel Gallaratese.

Spesso le persone si sono fermate per chiedere informazioni sul proseguio o addirittura per ringraziarci, o per lamentarsi del tristo momento. Durante le mappature, il luogo in cui abbiamo realizzato l’installazione non è stato quasi mai segnalato, ma al momento dello smontaggio molti ci hanno chiesto cosa fare per poter riportare l’opera sul posto perché ormai si erano affezionati! In questo momento è bellissimo il riscontro in Corvetto dove molti ci scrivono per ringraziarci del lavoro che stiamo facendo. Non ci saremmo mai aspettati un’accoglienza del genere! Più ci hanno parlato male di un quartiere e più quel luogo ci ha trattato con gentilezza, sia le installazioni che noi come persone.

Bellissime sono le passeggiate notturne con le quali avete attraversato la città. facendo indossare delle teste luminose? In quali zone avete passeggiato?

Alcune passeggiate le abbiamo fatte con le creste luminose, altre con le lanterne fatte dagli stessi abitanti. Ne abbiamo fatte diverse tra i quartieri San Siro, Adriano-Padova e Lorenteggio.

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Il 22 maggio ha inaugurato la mostra BORDERLIGHT. City as a vision, allestita in una chiesa sconsacrata in corso di restauro in zona Corvetto. Come sta andando? 

Benissimo: sia all’inaugurazione che in tutti i giorni successivi sta passando tantissima gente!  Sia abitanti del quartiere sia persone che vengono appositamente da altrove per vedere la mostra è la stessa chiesa, che è stata aperta per la prima volta dopo quarant’anni, appositamente per il nostro progetto. Siamo felici d’essere riusciti a far convogliare un pubblico eterogeneo che include dagli amatori dell’arte contemporanea a curiosi della storia del proprio quartiere. Ogni tanto qualcuno ci porta fotografie degli anni ’50 e ’60 per farci vedere  la zona in un modo inimmaginabile per noi che entriamo in contatto con questo posto solo ora. Era campagna…

Gli abitanti di Corvetto conoscevano la Chiesa di San Vittore e 40 Martiri?

Alcuni l’hanno vista sempre solo da fuori, altri ci hanno fatto la cresima o il matrimonio in epoche remote, altri ci raccontano di quando erano volontari del progetto di raccolta e distribuzione di viveri e vestiario, altri di quando ci hanno giocato a basket l’ultima volta (sul pavimento c’è ancora il disegno del campo!)

Avete Illuminato case, tetti, quartieri e teste. Cos’altro vorreste illuminare a Milano? 

Più che illuminare abbiamo alterato e alteriamo il paesaggio, modifichiamo l’atmosfera di un luogo senza negare il buio ma valorizzandolo. E’ un punto molto importante: il nostro scopo non è quello di dar pompa al discorso sulla sicurezza ma concorrere a una riflessione allargata su come anche la luce sia un sistema di controllo poliziesco e che orientare il suo uso da una modalità quantitativa a una qualitativa genera un impatto sulle relazioni e sensazioni degli abitanti. Perché  nei giardini del centro le luci riprendono le forme dei lampioni ottocenteschi con luci soffuse e delicate mentre gli abitanti di Lorenteggio godono di fari da stadio stile carcerario? Non ci interessa aggiungere luce, semmai andare anche ad affievolirla in alcuni luoghi.

E in giro per l’Italia o nel mondo?

A fine giugno andiamo a Cipro per realizzare una Installazione durante il festival estivo di Nicosia nell’ambito del progetto Tandem Europe. È un posto straordinario per noi: intervenire in una città attraversata dal confine tra Grecia e Turchia è un modo per valorizzare le parole chiavi, confine e luce, del nostro progetto in una prospettiva internazionale ed ormai drammatica. Un modo per riaffermare la “lutte à la bêtise”, per citare il filoso francese Bernard Stiegler:  l’arte e la cultura sono lo strumento principe di resistenza che abbiamo a disposizione di fronte all’avanzata della stupidità e dell’ignoranza. La luce è l’annuncio della costa, è il faro che accoglie la nave. #apriamoiporti.

foto credits: Emilia Castioni

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