Intervista sentimentale a Pierfrancesco Majorino. "Perché non facciamo un assessorato alla felicità?"

by Isabella

Onalim è un osservatorio sentimentale sulla città di Milano. In periodo di primarie, in cui si decide del futuro della città, ci è venuta voglia di fare delle interviste sentimentali ai candidati. Signore e signori Pierfrancesco Majorino.


Onalim: Hai visto il film Inside Out? Quali sentimenti ci vogliono per fare il Sindaco di Milano?

Pierfrancesco Majorino: Certamente sì. Ci vogliono grandi orizzonti, vedute larghe, attenzione, comprensione e ascolto. E grinta per le sfide che vanno affrontate nel futuro. E la forza rigeneratrice della legalità e della trasparenza amministrativa. Come ci insegna Giuliano Pisapia.

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Onalim: Quali sentimenti vorresti che guidassero Milano nei prossimi 5 anni?

Pierfrancesco Majorino: Senza dubbio la solidarietà. Milano ha dato prova, anche nei momenti difficili come quello della gestione delle migrazioni, di avere una sensibilità diffusa e penetrante sui temi dell’accoglienza e della cooperazione. Estendere questo modello alla vita di tutti i giorni, valorizzando le potenzialità dell’associazionismo in tutti i quartieri. Sperimentando forme avanzate di partecipazione dei cittadini. La straordinaria opportunità è anche insegnare ai più piccoli che è possibile una città migliore se la si vive insieme.

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Onalim: Milano è una città dove si vive bene ma che è poco allegra, per questo inventerei un assessorato all’allegria. Tu quale inventeresti?

Pierfrancesco Majorino: Anche se mi accusano di ridere poco, ti posso assicurare che ridere mi piace molto. E perché no un assessorato all’allegria? Bella idea. Aggiungerei però una dilatazione del concetto: perché non facciamo un assessorato alla felicità? Mi rendo conto che forse è un ambizione un tantino grande e senza dubbio più complicata. Ma vorrei concorrere alla creazione di una città più felice, dove accadano tante cose belle per davvero. 

Onalim: Alla mostra “Identità Milano” in Triennale, ho letto questa frase sull’accoglienza. “A Milano conta più il contributo al processo produttivo che la differenza e la distinzione etnica e sociale.” Secondo te in modo è accogliente Milano? 

Pierfrancesco Majorino: Milano ha un curriculum piuttosto importante in termini di accoglienza. Direi che la storia di questa città parla da sola. Ha avuto anni difficili durante le amministrazioni di centrodestra, in cui hanno prevalso culture politiche ed amministrative molto arretrate, chiuse, soffocanti. Ma il cuore di Milano ha sempre battuto dalla parte dell’accoglienza. Nel 2011 la vittoria di Pisapia è stata come una liberazione. E in questi anni abbiamo attraversato momenti difficili, che abbiamo affrontato con ragione e passione, che è un sono un po’ la caratura di Milano. Credo che ormai Milano abbia dimenticato gli anni difficili del centrodestra e non abbia intenzione di tornarci su. E’ cambiato molto ed è maturata soprattutto la consapevolezza delle nostre potenzialità civiche..

 

Onalim: Milano è diventata più inclusiva. Penso però che la grande scommessa per Milano sia estendere il concetto di inclusività ed eticità a dei mondi che non lo sono, come per esempio la moda. 

Pierfrancesco Majorino: Concordo. La moda milanese non è qualcosa di distante dalla città, dalle sue dimensioni meno appariscenti e visibili. La moda sta in ogni punto della città. Ne è prova la bella scelta di Fondazione Prada di aprire la sua sede in un luogo della periferia sud di Milano. E’ la dimostrazione che gli imprenditori della moda amano questa città e sposano l’idea di molti di noi di valorizzare periferie e quartieri come luoghi della vita completa dei milanesi. 

foto La Repubblica Milano

Onalim: Hai detto che vorresti aprire delle case del Talento in ogni quartiere. Come le immagini? 

Pierfrancesco Majorino: Case del talento, biblioteche, centri per l’infanzia. L’estensione massima e radicale della socialità in ogni quartiere di Milano. Ho proposto per i giovani cento spazi per le loro start up di impresa e diecimila euro per incentivare le nuove idee, anche nel campo della diffusione della cultura. E poi dobbiamo insistere sulle biblioteche, anche nei condomini. Esistono già bellissime esperienze in molti caseggiati di Milano.

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Onalim: Dicono che sei permaloso. Dimmi un tuo difetto peggiore, così questo passa in secondo piano.

Pierfrancesco Majorino: Tengo la Juventus. Per molti milanesi non è proprio un pregio.

 

Onalim: Sei uno scrittore di romanzi. Se queste primarie fossero un romanzo, quale sarebbe il titolo?

Pierfrancesco Majorino: Se fossero un film dico: “C’eravamo tanto amati”…scherzo, una battuta. Un romanzo sarebbe inedito e quindi anche il titolo, bellissimo: “Di come Majorino è diventato sindaco.”

 

Onalim: Come immagini le periferie fra 5 anni? Io per esempio penso che le periferie dovrebbero essere viste come risorse e come punto di osservazione. E allora perché non stanziare dei soldi per produrre dei film, pubblicare dei libri, o della musica nata in periferia?

Pierfrancesco Majorino: Semplicemente le immagino come luoghi dove sia bello viverci. Per farlo dobbiamo riqualificare il patrimonio abitativo, rendere disponibili i 9 mila appartamenti delle case popolari che al momento risultano sfitti. Dobbiamo condurre una vera battaglia contro il degrado urbano per rendere belli da vivere e da vedere i nostri quartieri. Bella la tua idea di fare cultura in periferia. Dobbiamo pensare all’estensione del diritto alla bellezza e alla cultura anche nelle zone periferiche di Milano. 

 

Onalim: I prezzi fanno le abitudini. Io per esempio farei abbassare il prezzo delle castagne, dei dolci e dei fiori, che fanno passare la voglia di regalare i fiori, portare i pasticcini e passeggiare con le castagne in autunno. E’ possibile pensare a delle agevolazioni fiscali per chi tiene i prezzi ragionevoli e quindi è più inclusivo?

Pierfrancesco Majorino: Facilitare il consumo di cultura per i giovani. Penso ad una card per prezzi scontati su dischi e libri da parte del Comune. I prezzi dei bibglietti dei tram e degli autobus li annullerei ai genitori che portano i figli a scuola. E poi per quanto riguarda castagne, dolci e fiori ci pensiamo. Anche questa non è male come proposta. Direi che abbiamo molti punti di vista in comune: avvicinare le persone alle cose belle da comprare e da vivere.

Onalim: Come si aiutano le persone che si trovano senza lavoro o che vogliono cambiare lavoro a 40/50 anni?

Pierfrancesco Majorino: Il lavoro è un argomento centrale. Dobbiamo esserne ossessionati, perché da li che passano e si strutturano dignità e serenità delle persone. Abbiamo degli strumenti come Afol (agenzia formazione e orientamento lavoro) organizzata a livello metropolitano. Immagino un complessivo rafforzamento della sua azione, sopratutto nella formazione continua di chi, dopo i 40 anni perde il posto. Non stiamo facendo abbastanza. Occorrono più fondi da regione e governo per ingaggiare una profonda lotta alla disoccupazione e affrontare una crisi che ancora non finisce. Suggerisco a molti liberisti accaniti la lettura del libro di Mariana Mazzucato “Lo Stato Innovatore”. In quelle pagine un’economista progressista ridefinisce, con lucida modernità, il ruolo del pubblico nel costruire nuovi processi utili alle imprese.

 

Onalim: L’economia collaborativa può essere una vera grande rivoluzione?

Pierfrancesco Majorino: Ho molte affinità con il mondo delle imprese sociali. E’ un mondo in espansione anche per via della crisi dei modelli tradizionali di welfare. Da quel mondo arrivano idee nuove e nuovi metodi per fare impresa fornendo servizi essenziali alle persone. Credo che questa crisi economica debba farci riflettere sul modello di sviluppo che abbiamo subito fino ad oggi. E che non è più idoneo perché difficilmente sostenibile. E’ possibile immaginare un’economia collaborativa, una crescita capace di non distruggere le relazioni tra le persone, i diritti e l’ambiente. E’ possibile senza deprimere il concetto di utile ma mettendo in testa la responsabilità sociale delle imprese. 

 

Onalim: Hai detto più di una volta “Sono fuori dai salotti.” Ma tu non ce l’hai un salotto con un bel divano dove stravaccarti la sera o fai come i giapponesi che si stravaccano sulla sedia di legno?

Pierfrancesco Majorino: Negli ultimi tempi quando arrivo a casa, vado dritto a dormire. Però non ce l’ho con il divano come complemento di arredo. Preferisco godermelo con i miei affetti. La politica non l’ho mai fatta nei salotti,  di solito la faccio per la strada, tra i cittadini, nelle assemblee, nei circoli del Pd. E’ la mia vita, come la scelta di stare a Milano, di dedicarmi all’assessorato in questi ultimi anni. Sono certo di avere contribuito con i fatti, almeno un poco, a ricucire lo strappo tra politica e cittadini. E quando parlo di cittadini non intendo quelli di sinistra e basta, ma di persone con bisogni e aspettative, senza etichette. 

 

Onalim: Il tuo slogan “Come prima più di prima.” è davvero molto coraggioso perché è molto sentimentale. Come mai l’hai scelto?

Pierfrancesco Majorino: E’ la storia di un amore. In questo caso per Milano che ho sempre amato e che amerò anche di più. E’ la storia, una bella storia, di buona politica di questi ultimi cinque anni. Che sarà ancora di più.

 

Onalim: Come ti sta cambiando questa campagna elettorale? Ho notato che sorridi un po’ di più. Ma non troppo perché non ami l’atteggiamento ruffiano, ma un po’ di più di sì. E’ vero?

Pierfrancesco Majorino: E’ un’esperienza bellissima questa campagna elettorale. Rido di più perché sono circondato da belle persone e così è più facile. Certo, la risata finta quella non riesco proprio. E non ci ho mai provato a farla. 

 

Onalim: Cos’è una cosa che vorresti che a Milano fosse l’esatto contrario?

Pierfrancesco Majorino: La qualità dell’aria.



Onalim: Dì qualcosa di affettuoso a Francesca Balzani.

Pierfrancesco Majorino: Ogni volta che ci vediamo, ribadiamo al nostra stima reciproca. E Lo faccio anche adesso. Perché è vera.

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